
La domanda di Gesù adolescente erompe dentro una realtà socio culturale acclimatata con un "pensiero debole" e con consuetudini religiose di tutto comodo. "Perché mi cercavate?" Equivale, oggi, a : "Perché andate in chiesa? O anche: "Perché dite di credere in Gesù ma non nella Chiesa?" "Perché pregate solo "quando vi sentite", quando avete bisogno di una guarigione, di un buon risultato agli esami, negli affari o cose del genere? Perché cercate Dio per un sentimentalismo devoto? "Lo sento" e prego; "non lo sento" e... lascio perdere? E quel "Non sapevate che devo essere nelle cose del Padre?" non è forse lì a scuotere certa ignavia mia personale o familiare o di comunità?Nel vangelo di Luca per la prima volta, qui in questa pericope, Gesù nomina Dio come Padre. Innalzato in croce il nome supremamente invocato prima di morire sarà ancora questo:"Padre".Quel dover essere nelle cose del Padre esprime l'identità di Gesù ma anche quella del vero cristiano, di noi che siamo chiamati a essere nelle cose (negli interessi) del Regno di Dio e della sua giustizia, prima che in ogni altra realtà. Lo studio, il lavoro, lo sport, la palestra, gli incontri relazionali: tutto acquista nuova luce se, prioritariamente e in ogni realtà io desidero "essere" (=cercare) le cose del Padre.
Ed è tanto più profondo e vero nell'esprimere quello che Gesù stava vivendo e voleva comunicare ai suoi cari. Ma ancora prima è quel domandare: "Perché mi cercavate?"
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