Prendendo lo spunto dal versetto di Sofonia: “Silenzio, alla presenza del Signore Dio, perché il giorno del Signore è vicino, perché il Signore ha preparato un sacrificio, ha mandato a chiamare i suoi invitati” (1,7)....
Questo silenzio alla presenza del Signore
Questo silenzio alla presenza del Signore
in pratica diventa
saper tacere con umiltà vera
davanti ai nostri fratelli.
E un silenzio che deve porre un freno
ai propri impulsi, alle proprie idee,
all’amore di sé, all’orgoglio,
alla presunzione.
Un silenzio che si vive
col non essere ribelli, diffidenti,
col non mormorare,
non giudicare,
non difendersi, non darsi ragione,
ma riconoscersi poveri
e attendere la salvezza
da un Dio che si è fatto Povero.
Quando l’<> parla, Dio tace;
perché quando l’<> parla
non sa più ascoltare,
ma si mette in dialogo con il maligno,
e si lascia pervertire l’orecchio
dalle sue menzogne.
Non inganniamoci con falsi silenzi:
il silenzio vero è,
prima di tutto,
quello che fa tacere noi stessi.
Se non facciamo tacere l’<>
possiamo andare
anche nel deserto più deserto,
ma è un’illusione:
ci rimane l’ostacolo maggiore,
quello che ci separa da Dio,
che ci tiene ignoranti,
che non ci lascia conoscere il <>.
Nei nostri rapporti interpersonali
quante volte salta fuori
questo terribile personaggio — l’<> —
che si mette in conflitto con gli altri,
e fa tanto chiasso da stordirci,
da non renderci più capaci
di essere presenti al Signore,
di intendere la sua voce,
di gustare le cose dell’alto,
di sperimentare il mistero di Cristo
che è mistero
di umiltà,
di silenzio,
di povertà,
di abnegazione.
Lo sguardo del Signore
si posa sugli umili:
è uno sguardo che mette a nudo
tutto il bene e tutto il male
che c’e nell’uomo.
Davanti alla realtà del male
che è in noi e negli altri,
che cosa possiamo fare,
se non uscire da noi stessi,
entrare nel suo santo tempio
in silenzio, con umiltà,
e spalancare il nostro sguardo
su di lui, il Santo?
Soltanto se ci trova prostrati,
umili,
in silenzio di compunzione
egli ci avvolge
con il suo sguardo di compassione
e ci solleva.
Il Signore ci renda capaci
di un << servizio umile, semplice,
discreto, silenzioso,
dei fratelli >>.
Silenzioso: un servizio che
non si proclama,
non si esalta,
non si ri-dice,
non si racconta,
non si fa pagare.
Un servizio che diventa sempre più
conosciuto solo da Dio,
e che, giunta la sera,
lascia sempre nell'animo
la sofferta,
sincera convinzione
di essere stati servi inutili.
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